XIII. L’Anarchia Anubistica

Anarchia” è il termine più abusato e meno chiaro di tutto il vocabolario filosofico, politico e sociale.

Questo depone a suo favore, perché la confusione dimostra l’assenza di una ideologia alla base.

Anarchia” sembra essere una delle poche idee insite nell’umano proprio perché prende corpo in diversi modi e diverse connotazioni. Qualora l’anarchia diventasse un movimento unico e definito, non sarebbe più sé stessa.

L’anarchia è l’unica tensione che “è” proprio perché non necessita, per esistere, del solito gruppo di umani latranti. È molto semplice ravvisare alcune connotazioni anarchiche nell’anubismo.

In realtà si tratta di “anarcaninia”. L’anarcaninia anubistica non si rifà all’anarchia an-archos, an-archia (senza governo, comando ecc.), ma al termine: “an-archè (senza “principio e fine di tutte le cose”, senza Dio, senza ideologie ecc.).

Ispirato dalla divinità canina il buon anarcanubista si fa i cazzi suoi e non appartiene, se non in modo leggero e transitorio, a gruppi, movimenti ecc. L’assiemare umani stimola il latrare, ed è il modo migliore per far emergere la loro testa di cazzo.

Dato un gruppo di umani la testa di cazzo media non è la media delle teste di cazzo dei singoli, ma tende al livello della maggiore testa di cazzo (teorema anubistico della media delle teste di cazzo).

L’anubista combatte contro le sue sovrastrutture per far emergere la sua divinità canina, si incazza con se stesso per la sua ignoranza, contesta i suoi propri limiti ed è conscio del fatto che, a qualsiasi livello di Illuminazione arrivi, sarà sempre difettato.

L’anubista fa la rivoluzione contro sé stesso per cambiare sé stesso. L’anubista non si sognerà mai di abbaiare contro altri umani per qualsiasi motivo, né di unirsi a un latrato di gruppo.

L’anubista non ambisce alla rivoluzione armata

(tanto al posto di un umano con la testa di cazzo ne metteranno un altro, un gruppo di altri oppure, peggio ancora, tutti gli altri). 

Poi che fa? La rivoluzione contro tutti?  Non è che l’anubista “se ne freghi”; semplicemente, seguendo il suo Dio se ne sbatte le “divine balle canine” dei latrati di massa perché sa che storicamente hanno sempre fatto danni.

L’anubista in piena diocaninità insegue la sua illuminazione convinto del fatto che, solo quando sempre più individui tenderanno ad essa, il mondo non avrà più bisogno di qualcuno che decida per gli altri.

Solo in questo caso l’umano senza testa di cazzo non necessiterà più di capi e controcapi.

Il governo perfetto non esiste. Il governo imperfetto non dovrebbe esistere, ma finché l’umano necessiterà di abbaiare in gruppo non farà altro che crearne un altro. La ricerca della libertà della mente non è  facile, anzi è lunga e difficile.

È una vera e propria guerra, che rimuovendo le nostre sovrastrutture ci obbliga ogni giorno a rimetterci in discussione, talvolta al limite del nostro equilibrio. Eccolo “il pensiero che diventa azione” dell’anarcaninia: guerra aperta, violenta e costante contro sé stessi, contro il prodotto di tanti condizionamenti a cui siamo stati e siamo tuttora sottoposti.

A tirar pietre o ammazzare qualcuno sono capaci tutti. L’anarcanubista sa che il “poliziotto” è un umano come un altro, pagato per prendere pietrate.

Per cui non pensa che una “azione” importante sia quella di tirargli pietre, perché non fa altro che fare ciò che vuole lo stesso sistema che dovrebbe combattere: fare in modo che la gente comune faccia la guerra ad altra gente comune.

L’anarcanubista conosce la differenza tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario.

L’anarcanubista sa bene chi abilita  il legislativo in una democrazia, per cui sa che, se proprio dovesse tirar pietre, dovrebbe tirarle a tutti gli umani.

Qualcuno dice che bisognerebbe tirarle ai giornalisti; purtroppo il giornalista è simile allo spacciatore di salame, di dolci, di alcool, di rhum, di sigarette, di marjuana, di eroina, di armi, di automobili, di cocaina ecc. Tutte cose che sono richieste dalle persone, e non vi è dubbio che qualsiasi libera richiesta sia una istanza corretta.

Se poi uno usa l’auto per uccidere o l’eroina per ammazzarsi non è colpa – o merito – di chi la vende, ma di chi la usa. Le armi poi hanno anche la sicura, per cui nessuno ammazza per sbaglio. Insomma, anche i giornalisti danno la loro droga alla gente, la quale serve loro per agitarsi o star tranquilli in funzione dei loro desideri.

Per cui che colpa ne hanno loro? Vendono ciò che la gente vuole; è triste ma è logico. Se i giornalisti si impegnassero a informare correttamente “la gente” non li cagherebbe, per cui andrebbero a fare un altro lavoro. Il  che sarebbe meglio, ma ognuno è libero di fare ciò che gli pare.

Tornando al discorso, la vera anarcaninia è un’idea insita che non se ne esce con degli slogan o delle chiacchiere che diventano latrati al pari degli altri, ma lavorando su sé stessi. Se uno da quando nasce vota per gli stessi partiti e pensa le stesse cose riguardo la politica e la società, dovrebbe dubitare della propria libertà mentale.

Se poi pensa e vota come suo padre e suo nonno, il dubbio dovrebbe diventare certezza. Liberarsi significa contrapporsi, entrare in contrasto con se stessi, cambiare talvolta radicalmente idee e punti di vista, cercando di mediare tra le varie istanze che nascono dal nostro interno.

È un processo che porta a non essere più in sintonia con nessuno, tantomeno con un partito, un’ideologia, una religione o un movimento; tutte cose prodotte da umani per gestire le deboli teste di cazzo. 

XII. Dio si è fatto Cane

Giracchiando per il web il profeta ha trovato questo post in un forum. Ha notato subito che l’autore è stato colto da grandissima  illuminazione anubistica. Ha cercato di rintracciare l’autore ma non è riuscito. Prega l’autore nel caso legga le presenti sacre scritture di contattare il profeta perchè riceverà la nomina ad honorem di Grande Maestro dell’Anubismo

Fin da piccolo, la prima grande lezione che appresi fu che l’uomo disprezza e tende a distruggere tutto ciò che gli è inferiore. Nella forza, nella dignità e nella moralità.

Appresi questa lezione osservando un uomo e suo figlio picchiare un cane. Si trattava di un randagio di strada, uno di quei cani che non hanno mai fatto male a nessuno e che ci pensano tre volte ad avvicinarsi anche se gli offri cibo e loro non mangiano da due giorni.

L’uomo, se proprio così vogliamo chiamarlo, aveva trovato il cane nel suo cortile, evidentemente era passato attraverso le sbarre di un cancello, e lo stava picchiando selvaggiamente con un tubo di gomma. Il cane guaiva e cercava di scappare, ma non riusciva a evitare i colpi di quell’uomo. Quando riusciva ad allontanarsi arrivava il figlio di quel tizio che, con una freddezza atipica per un dodicenne, lo prendeva a calci rimandandolo verso il padre.

Il cane si raggomitolò in un angolo del cortile cercando di farsi piccolo piccolo, così piccolo da diventare insignificante, da essere troppo piccolo per essere colpito da un tubo di gomma. A quel punto il padre aprì il cancello e cacciò il cane a pedate. Il cane non scappò neppure, si allontano piano. Poi si avvicinò a una pozzanghera e bevve acqua iridescente di nafta. Si spostò un po’ più in là, con la lingua penzoloni, barcollando, si accasciò sotto a un cassonetto della spazzatura, poggiò la testa per terra ansimando e poi smise di respirare.


Si dice fedele come un cane ed è così, perché un cane intelligente non morderà mai la mano del padrone. E il padrone come ricambia il proprio amico? Spesso maltrattandolo, abbandonandolo, affamandolo, lasciandolo al freddo anche nei giorni di tempesta.


L’uomo culturalmente disprezza i cani, e lo appresi quando fui un po’ più grande. Appresi che esistevano frasi come “solo come un cane”, osservando appunto che l’animale più affettuoso e fedele nei confronti dell’uomo per antonomasia è sempre stato un animale solo, incompleto senza qualcuno che si prenda cura di lui.

E scoprii che essere dare del cane a una persona, invece che essere un complimento, una lode per il coraggio e la devozione, invece era tra i peggiori insulti che si potessero fare. E mi sforzai di capire per quale motivo essere cinico, essere come un cane, dovesse per forza significare disprezzare e diffidare l’uno dell’altro, mentre non c’è animale più genuinamente amico di un cane.

E “mondo cane” era una maledizione urbis et orbis, passare una vita da cani è vivere nelle ristrettezze, una donna di facili costumi è una cagna, e se proprio vogliamo bestemmiare Dio allora basta dirgli “Dio cane” e lui capirà quanto lo odiamo.

L’uomo disprezza il cane, disprezza l’essere che più lo ama.


Eppure la storia e i miti ci insegnano che i cani sono stati capaci delle azioni più miracolose e belle che possiamo ricordare. Uno tra tutti Argo, che riconosce Ulisse dopo averlo aspettato vent’anni, lo riconosce nonostante avesse assunto la forma di un vecchio, ne riconosce l’odore, e gli muore tra le gambe, felice di averlo atteso molto oltre la naturale vita di un cane.

Quale uomo farebbe altrettanto? Quale altro animale? Argo è un mito, ma noi ci crediamo che un cane possa davvero fare questo, ce lo aspettiamo, lo sappiamo. E il cane lo fa.


Cane dovrebbe essere complimento. Terribile con i nemici e mansueto con gli amici. Quale altro animale è in grado di distinguerli o che gliene freghi qualcosa?


Tra gli insulti meno comprensibili, poi, ho appreso anche il dare del “cane da guardia” a certi tizi che avvertono qualcuno del pericolo che incombe. Come se il cane fosse inutile, anzi, che questa sua capacità non fosse una virtù ma un difetto.


Anche scodinzolare è insulto. Un lacché lo si insulta facendogli notare il movimento della coda del cane di fronte al padrone.

Questo appresi sul cane e cominciai a domandarmi se questa reputazione fosse fondata. Ma ovunque guardassi, ovunque indagassi, pensassi, ragionassi, leggessi, il cane era sempre amato e bistrattato. Un essere da mettere al suo posto, a cui gridare cuccia e dal quale aspettarsi immediata ubbidienza. Che non sporcasse e che comprendesse il linguaggio umano erano grandi doti per una bestia come il cane, non essendosi mai sforzato l’uomo di comprendere il linguaggio del cane.


Forse fu Shakespeare a dire che non c’è nulla che un cane brama come premio più di un fischio del padrone e aveva ragione, perché il cane non chiede nulla. Il cane gioca, pretende con sfacciataggine quando è viziato, ma è sempre lui il primo ad accoglierci quando rincasiamo, imparando a comprendere tra milioni la frequenza e il peso del nostro passo, il nostro odore anche coperto da mille profumi, la nostra voce nel frastuono di migliaia di voci.

Forse è l’umiltà di questo animale che riesce a tirar fuori da certa gente il peggio di loro. Forse è questo continuo dare e dare del cane all’uomo che lo rende così disprezzabile. L’uomo in fondo non comprende il cane. Ci è sempre stato accanto, ci ha aiutato a cacciare quando vivevamo solo di caccia, ha governato le nostre greggi, ci ha seguito in guerra quando abbiamo combattuto, ci ha protetti nel sonno, ci ha difeso dai nemici, si è scagliato contro animali ben più grossi di lui, in questo sovrastandoci in coraggio per sempre.

E per cosa poi? Non per cibo, non per calore, non per privilegi, ma per il piacere della nostra compagnia e apprezzando una carezza come regalo quasi immeritato tante sono le feste che da a chi gli è accanto.

Diogene si fece cane perché non riconosceva il valore degli uomini, si umiliò, si disprezzò, si ridusse a cibarsi di immondizia, si fece il primo cinico. Diogene disprezzò i cani più di ogni altro, condannandosi alla loro vita come se per i cani fosse disgustosa la vita priva di un uomo al quale stare accanto.

Per lui il cane solo era la più inutile tra le creature e si fece cane in cerca di un uomo al quale scodinzolare attorno e leccare la mano. Diogene disprezzò i cani interpretandone la vita. Come noi disprezziamo i cani che interpretano, in certi quadri dell’assurdo o in certe rappresentazioni sceniche, figure di uomo, avvertendo assurdità e disagio.

Chi non odia la Vergine Cuccia? Chi ha come personaggio preferito Ettore, il mastino che morde il gatto Tom che insegue il topo Gerry? Pippo, della Disney, è un cane umanizzato e per questo sconta il peccato originale di aver preteso di essere migliore, vivendo una vita goffa, dinoccolata, sempliciotta, stupida. Molto meglio Pluto, che è cane vero, scemo sempre, ma cane a quattro zampe. Che sta al posto suo.

Noi tutti abbiamo pregiudizi nei confronti dei cani, anche quelli che tra noi li amano davvero. Provino lorsignori a fare un esperimento. Prendano un’immagine di un quadro famoso in cui si esalta la bellezza dell’uomo o della donna, un quadro di Botticelli, Reonior, Manet, Gauguin, Michelangelo, Goya… e ora sovrapponete ai volti perfetti di uomini e donne di quelle tele, di quegli affreschi, i volti dei cani. Proverete disgusto, sentirete in cuor vostro che è stata fatta offesa a quelle bellezze corrompendole con un viso che vi guarda, appunto, in cagnesco.


Molto meno disagio proverete usando il volto di una bella gatta.
A dire il vero, eccezioni ce ne sono. Chi non apprezza Snoopy? A chi non piacciono i 101 dalmata? Chi non apprezza l’intelligenza di certi cani da film, a dire il vero un po’ troppo perfettini per essere simpatici?



Ma perché l’uomo non riesce ad amare il cane? Forse perché diffida di lui.

Forse non riesce a capire, lui sì davvero cinico, per quale motivo qualcuno abbia tutta questa forza e amore da dare e dare e dare senza chiedere mai nulla in cambio.

Forse l’uomo non si fida di tanta fiducia, di tanta cieca dedizione, ti tanto semplice amore incondizionato. Cosa vuole da noi il cane, sembra chiedersi. Che ci guadagna in cambio? La risposta non soddisfa, niente o una carezza è troppo poco. Anche l’amore, per l’uomo, ha un prezzo.

Forse l’uomo non ricorda che anche lui diventa cane in un breve periodo della sua vita. A volte neppure tanto breve. L’uomo diventa cane da adolescente, quando scodinzola attorno alla ragazzina con le treccine, tanto carina che imbarazza guardarla. Lei sorride e si struscia come una gatta, vanitosa e vitrea, molle e umorale. L’uomo invece è cane.

Fedele, ossessionato dal volerle stare accanto, accondiscendente. Manda giù amari bocconi di umiliazione senza battere ciglio, con la lingua penzoloni aspettando una carezza o un fischio. E allora saltella, zampetta, guaisce, latra, si contorce dal godimento di ricevere attenzioni.

L’uomo si fa cane e poi, massacrato dalle delusioni, si fa cinico e smette di scodinzolare. Chi prima, chi dopo.


Il cane mai. Il cane scodinzola sempre. Il cane non si fa cinico che per un uomo che lo maltratta non conserva il trauma e si dedica anima e corpo a qualsiasi altro padrone lo apprezzi. Il cane non diventa mai cinico. E forse è questo che ce lo fa odiare, il suo essere eternamente adolescente, mentre noi invecchiamo e moriamo disillusi, delusi, tristi. Noi lo invidiamo il cane, ne invidiamo la genuinità. Per questo lo odiamo.

E se fossi credente, se fossi vero cristiano, non cristiano che predica povertà e che sguazza poi nell’oro, crederei che Dio è veramente tra noi, che Dio c’è sotto forma di cane.

E allora davvero Dio cane. Meglio che uomo.

F.to Jonny Wolf Ad honorem “Grande Maestro dell’Anubismo”

XI. Animalismo Anubista

L’anubismo è chiaramente una religione animalista, ma anche qui nella sua fondamentale anarchia è animalista a modo suo.

L’anubista è innanzitutto rispettoso nei confronti degli altri esseri viventi: fa di tutto per non rompere loro i coglioni, ma chiede anche che non gli vengano rotti i coglioni.

In questo senso l’animalismo anubista si distanzia dagli altri. L’anubista invece di schiacciare gli scarafaggi li accompagna fuori casa, al posto dei veleni per le formiche cerca di usare deterrenti, ma massacra le zanzare senza alcun piacere ma senza pietà; semplicemente per autodifesa.

Nello stesso modo si comporta nei confronti degli animali che minacciano la sua vita.

L’anubista non è ideologicamente animalista, lo è per logica.

Comprendendo l’insulsità e la dannosità di molti umani elabora che forse quello scarafaggio, non avendo attentato a nulla di vitale, merita un minuto di tempo per allontanarlo invece di ucciderlo.

Fin qui abbiamo descritto il comportamento dell’anubista osservante, ma l’anubista ispirato ama gli animali trovandoli in gran parte l’unica espressione positiva nella mondomerdosità globale. Per cui li coccola e li ama quasi rappresentassero una emanazione di Anubi.

Quando il solito umanoide sentenzia: “Ma con tutta la gente che ha bisogno ti devi sbattere dietro agli animali?”, il buon anubista con malcelata insofferenza gli risponde che, dato che la maggior parte degli umani sono proprio come lui, ha più senso dedicarsi agli animali. Inoltre afferma che qualsiasi attività volta a non accrescere la merdosità del pianeta è “giusta” in sé.

Dobbiamo qui comunque considerare che gli umani talvolta soffrono di fobie anche nei confronti degli animali. Prescindendo le fobie dalla ragione, non si possono condannare. Qualcuno ha paura dei cani, qualcuno dei serpenti, qualcuno dei ragni ecc. 

Il Profeta, ad esempio, è notoriamente pinguinofobo. Dopo aver visto un documentario sui pinguini, dove gli stessi fanno una gran vita di merda sfidando un freddo porco solo per covare un cazzo di uovo, il Profeta soffrì diverse notti di incubi.

Il fatto che i pinguini fossero vestiti tutti uguali era già sufficiente per ingenerare fobie nel Profeta. La cosa peggiore comunque è l’assoluta mancanza di scelta che caratterizza il pinguino ponendolo alla stregua di un Borg (rif. Star Trek). 

Non parliamo poi della tristezza di una vita vissuta rigidamente secondo la programmazione genetica e della comunità, che sicuramente lo pone come uno degli animali più tristi. Al termine di uno di questi documentari il Profeta comprese che, comunque, il pinguino doveva essere un grande adoratore di Anubi.

Con grande sorpresa il Profeta udì queste parole: “Mentre il pinguino rimane a sfidare il freddo e la fame per covare l’uovo, le pinguine vanno in gruppo al mare a caccia di pesci”.  Di pesci? Ma è possibile che uno sia così pinguino? Lui cova e lei va a prendere pesci? Ma Dio Pinguino! Ma davvero non c’è più religione.

Chissà come adora Anubi il pinguino mentre cova e la sua compagna va al mare a “caccia” con le amiche…  non c’è da stupirsi che il Profeta sia diventato pinguinofobo!

Comunque, a prescindere dalle fobie, l’animalista anubista vuole il bene degli altri animali; l’animalista anubista però, rispettando il precetto, non rompe i coglioni.

Evita per esempio di tirare le uova a chi si mette la pelliccia, perché la colpa di chi mette una pelliccia è uguale a quella di chi mangia il salame. Ne deriva che ci vorrebbe una decina di miliardi di polli e almeno un miliardo di “lanciatori” a tempo pieno per “punire” coloro che, per soddisfare i propri piaceri, fanno un danno agli animali.

Gli stessi animali se non servissero in qualche modo a migliorare la vita dell’uomo sarebbero estinti, per cui c’è qualcosa che non va nel ragionamento.

L’animalista anubista si limita a ridurre il più possibile il danno, cercando di informarsi su come siano stati trattati gli animali di cui si ciba.

Un pollo al curry che fu un pollo felice e libero di sicuro fa bene al pollo e a chi lo mangia. Sicuramente in futuro, anche se non prossimo, la gente lentamente smetterà di macellare animali per nutrirsi o altro.

Ci vorranno tempo e tanta informazione, e non imponendo nulla con divieti, ideologie o religioni varie ci si arriverà.

X. Anubi e il Diavolo

Alcune persone hanno inventato una religione che fa riferimento a un dio definito “buono”. Per essere precisi tal dio prima fu cattivo poi diventò buono.  Panta rei. Comunque questo ”dio buono”, secondo loro, ha creato gli umani ed è quindi responsabile di come sono  fatti e si sentono, di ciò che da loro gioia e di ciò che li intristisce.

“Loro” dicono che il  “dio buono” vieta di pensare con la propria testa e che se proprio non si può farne a meno si è strega o stregone pertanto si merita la morte e l’inferno. Il “dio buono” vieta anche di fare sesso. Nel caso si volesse usare i propri organi genitali, “loro” direbbero che questo “dio buono” lo vieta pertanto al limite meriterebbe la lapidazione, poi, comunque, l’inferno.

Se avviene qualcosa di buono dicono che si deve ringraziare il “dio buono”, viceversa  se avviene una disgrazia direbbero che non si può capire il disegno di dio oppure che è colpa del dio cattivo.

Sembra che, secondo “loro”, tutto ciò che sia correlato con il piacere sia dal “dio buono” vietato. Ne deduciamo che saremmo nati per soffrire o meglio il “dio buono” ci avrebbe creato per gioire della nostra sofferenza derivante dalla negazione di gioie e piaceri che evidentemente lui stesso ci ha avrebbe messo nelle condizioni di percepire.

Loro dicono che  tutto ciò “è bene” perché se si passa una vita di sofferenze e privazioni  si va in “paradiso” dove tutti i sofferenti, non scopanti, non viziosi e pedanti si trovano, ipotizzo io, a continuare in eterno a non scopare, non pensare e non divertirsi; Però felici!

Un osservatore potrebbe chiedere come, e gli verrebbe risposto che sono nella grazia di Dio. (Sperando che almeno con grazia si possa trombare!)

“Loro” dicono che esiste anche un dio “cattivo”, o meglio un “antidio buono” che può essere il  diavolo, satana, lucifero e via dicendo.

Questo antidio dice di pensare, crescere intellettualmente, trombare e  divertirsi. Sembra,però, che dopo la morte si porti all’inferno e torturi chi ha fatto ciò che lui diceva. Cioè, se fai ciò che dice lui, ti punisce: Ma non dovrebbe essere il contrario?

Se questa religione fosse una favola per bambini già non starebbe in piedi perché prima di tutto il “dio buono” è negato nel disegno ( vista la tragedia del “disegno di dio”), poi un dio che ti tortura “da vivo” non potrebbe essere un “dio buono”, parimenti un antidio che ti tortura “da morto” se fai quel che dice “da vivo”  non avrebbe alcun senso.

Si potrebbe aprire un fantadibattito su chi dei due sia il buono della situazione. Il dio pseudo buono ti tortura in terra e in cielo impedendoti di fare le cose che lui ti avrebbe messo nelle condizioni di fare, il dio pseudo-cattivo almeno ti farebbe divertire da vivo.

Ne deriverebbe che il dio cattivo sarebbe magari insensato ma di fatto umanamente meno cattivo del “dio buono” cioè il diavoletto sarebbe “più buono” del “dio buono”.

L’Anubismo al quale le belle favole non dispiacciono ovviamente considera questa storia come una brutta favola senza senso. Se fosse vera, chiaramente, dovrebbe schierarsi dalla parte del dio meno rompicoglioni ovvero il “più buono”.

E’ stato detto al profeta che la home page del tempio di Anubi sembra una “cosa satanista”. Questo deriverebbe dai simboli anubisti e dalla pagina nera ed è uno dei risultati dei condizionamenti a cui siamo soggetti.

Simbolismi vari sono stati storicamente un sistema di trasmissione di concetti e informazioni tra genti che non parlavano la stessa lingua. Sono poi diventati indispensabili  per comunicazioni che dovevano aggirare i “poteri” di turno tra cui quello della Chiesa.

La trasmissioni della conoscenza è sempre stata osteggiata perché portatrice di cultura, apertura mentale e minore disponibilità a bersi le stronzate dei re e dei stragoni. Nella sovrastruttura che ci hanno imposto è quindi presente anche la associazione “spontanea” simbolo- occulto – diavolo – male.

E’ semplicemente uno degli infiniti modi per condizionare il nostro pensiero. In tempi passati sarebbe stato necessario un simbolo per dire “eppur si muove” vista l’aria che tirava. J

Il colore nero nello stesso modo dovrebbe richiamare dal nostro immaginario un’altra associazione “spontanea”: nero-buio-occulto-cattivo.

Il Grande Profeta dice : “Meglio un buio reale che una luce falsa che genera false ombre (ogni riferimento alla caverna di Platone è puramente voluto).

Gloria ad Anubi.

IX. La Bestemmia filosofica

Su internet si trovano molti cattolici e non che dibattono sulla liceità morale, sulla legittimità e sulla opportunità di bestemmiare.

Il buon anubista adora nel Dio Cane, nel Dio Maiale e nel Vacca Dio la sua Divina Trinità anubistica, per cui il nominarli è semplice espressione della sua religiosità. Ciò non gli è vietabile e non è minimamente antisociale: l’adorazione dei propri dei è libera.

Se è vero che tutte le religioni devono essere rispettate, nel pregare i suoi dei l’anubista compie un gesto non solo lecito a livello etico, ma che deve essere necessariamente legale.

La legge italiana, non essendo ancora riuscita a rimuovere del tutto divieti medioevali, punisce tuttora civilmente chi “bestemmia” in pubblico di fronte almeno a due persone. Ciò in contrasto con l’indirizzo europeo di eliminare ogni forma di limitazione della libertà di pensiero.

Gli umani hanno inventato miliardi di dei, compresi degli dei che erano tutto tranne che “buoni”; l’affermare ad esempio: “Dio di merda” può essere una verità complimentante un Dio che non è necessariamente quello cattolico, per cui anche in questo caso non ha alcun senso dire che è eticamente sbagliato.

L’errore da parte dei cattolici sta nell’avere preteso di non dare un nome proprio al loro Dio. Se il loro Dio si chiamasse per esempio Pippo allora: “Porco Dio Pippo” sarebbe effettivamente eticamente condannabile, in quanto chiaro insulto al Dio Pippo. Non avendo però un nome proprio il loro Dio, non possono sentirsi offesi ogni volta che si nomina un Dio, perché le religioni sono infinite e gli dei anche.

Ricorrono da sempre domande tipo: Che senso ha offendere un Dio in cui non si crede?“. In effetti la domanda ha un senso. Il Grande Maestro Carlo, correttamente, al fine di ovviare a questa domanda bestemmia così: “Porco di quel tuo Dio!”. Qui il senso dell’affermazione è chiaro e ineccepibile. 

Posto che l’anubista prega il suo Dio Cane, Dio Porco o il Vacca Dio per cui non bestemmia, proviamo a dare una risposta alla domanda: “Perché il non anubista bestemmia un dio pur teoricamente essendo agnostico?”.

Probabilmente perché in Italia non gli è permesso essere semplicemente agnostico. Deve necessariamente essere ateo

Sin da piccoli sono tali e tante le forme di condizionamento operate dalla chiesa che non è possibile esistere in posizione neutra nei confronti del Dio della chiesa. La propria libertà è necessariamente limitata non solo dalle sovrastrutture imposte, ma anche da leggi religiose che lo Stato, teoricamente laico, impone per gestire i flussi di voti gestiti dal papa.

Ci vengono farciti i cervelli con “mondi buoni”, “preti buoni”, “giustizia”, “porgi l’altra guancia” e tante altre belle balle, tra cui purtroppo anche “porgi il culetto”, ma stendiamo un velo pietoso. 

Crescendo ci si accorge quanto sia merdoso il pianeta e quanto i condizionamenti subiti siano stati fattivi al sistema per fotterci. Si scopre quanto i rappresentanti del Dio cattolico, come del resto quelli di tutti gli altri dei, siano sempre stati concussi (o tutt’uno) con il potere di turno.

Qui nasce una forma di reazione volta a levarsi dal “mondo delle balle e dei divieti”; ma non si può, perché il sistema intorno a noi è così oppressivo che è necessario mettercisi contro, non si può semplicemente farsi i cazzi propri. È necessario diventare atei, scontrarsi con chi vuole limitare anche la libertà altrui in nome della sua superstizione, e di questo non si può fare altro che soffrire.

Uno dei modi di sfogare la sofferenza è per l’appunto la bestemmia. Uno strumento anti-coercizione e anti-frode che l’ateo “cattolico” usa spesso pensando che, se lui in nome di un altrui Dio deve essere coercito, potrà almeno manifestare il suo dissenso verbalmente.

Il dissenso verbale può trasformarsi in una bestemmia maieutica: innesca il processo di apertura mentale in coloro che ascoltano. Si può anche parlare di bestemmia redentiva, in quanto è uno strumento per spingere alla redenzione coloro che credono in un Dio che non esiste.

Ne deriva che alla bestemmia dell’ateo “cattolico” potremmo dare un’accezione filosofica, in quanto è una manifestazione di desiderio di libertà, almeno nella espressione, e di ricerca di verità nel pensiero.

Quando il bestemmiatore ateo “cattolico” incontra l’anubismo, perde la rabbia e ritrova la pace nello scoprire che il Dio c’è, ed è esattamente Cane come lui aveva sempre pensato. L’idea del Dio Cane insita nell’umano comincia quindi a prendere forma, fino a concepire la verità di Anubi dando all’umano grande serenità:

Dio esiste, è Cane e si fa dei grandi cazzi suoi!

Non pensino, tra l’altro, erroneamente i cattolici che affermare che Dio è Cane possa essere un’offesa a un Dio, perché casomai l’offesa potrebbe essere: “Dio umano”, cioè associare un Dio a un umano. Dire: Dio è cane” è l’associazione migliore che anche un non anubista possa fare, perché l’umano è sicuramente peggio di un cane.

Qualcuno ha mai visto un cane obbligare gli umani a uccidersi tra di loro per godersi lo spettacolo? L’umano lo ha fatto con il cane. Più avanti il Profeta approfondirà il concetto. 

La più grande offesa che storicamente sia stata fatta agli dei è stata proprio quella di antropomorfizzare il divino fino a rappresentarlo con corpo di umano, cosa che ovviamente fece molto incazzare Anubi. L’associare Dio a un porcello, a una mucca o a un cane non è una offesa.

Qualcuno ha mai visto una mucca o un porcello “cattivi”? Allora dove sta l’offesa? Cerchiamo di essere tutti rispettosi, tolleranti e possibilmente anubisti, adorando nella più assoluta libertà in nostro Dio Cane, il Dio Porco e il Vacca Dio. 

Ne deriva che la libertà di adorazione di Anubi e le sue emanazioni devono essere rispettate.

Qui il Profeta desidera richiamare l’attenzione degli adoratori su un inciso: noi abbiamo diritto di adorare il nostro Dio e le sue emanazioni, ma dobbiamo cercare di non trascendere. La nostra venerata madre di Anubi è Hesat la Dea Vacca, e questo ci porta ad adorarla. Ma la “Madonna” nulla c’entra.

Madonna” è in Italia il “nome proprio” della mamma di Gesù, ed è stata divinizzata dai cristiani. Come sappiamo ci sono molte figure storiche/mitologiche divinizzate dalle varie religioni. Ci sono diverse religioni che hanno condiviso divinizzazione e/o rispetto per alcune figure. L’anubismo condivide con i cristiani (e curiosamente anche con i mussulmani) la venerazione per la “donna eccellente”.

L’anubismo non concorda sulla verginità della Madonna, in quanto non necessita di pensare che la Madonna non abbia trombato per poterle portare il rispetto e l’adorazione dovuto alla donna moglie e madre.

Nessuno potrà mai sapere cosa abbia effettivamente detto e fatto Cristo finché non inventeranno la macchina del tempo, ma è indiscutibile che un anarchico “antiprete” dal nome di Gesù sia esistito. Posto che sia esistito, è indiscutibile che abbia avuto una madre. La madre, adorata come la Madonna, è l’unica figura religiosa che non abbia mai avuto un valore prescrittivo.

Non risulta che abbia mai vietato alcunché o obbligato a fare qualcosa. È stata anche figura “violentata” togliendole il pregio di aver fatto “il suo dovere” con Giuseppe. Per questo e per l’icona di bontà che lei rappresenta, è figura rispettata e adorata dai buoni anubisti.  

Il Profeta desidera qui chiarire che l’anubista non è “contro” la religione cattolica cristiana: L’anubista non è contro alcuno. L’anubista nel solstizio d’inverno può anche fare un bel presepe. 

Il Profeta raccomanda al buon anubista di non fare un presepe tanto per farlo; l’anubista se fa un presepe fa un bel presepe.

L’anubista osserva e impara, non è mai “contro”.

Per inciso, non è contro i “preti”: anche tra i preti, come in tutti gli assiemi di umani, ci sono brave persone e delinquenti. 

VIII. Anubi e la preghiera

Anubi se ne batte le canine palle di cosa dicono gli umani, ma la preghiera consente all’umano stesso di raggiungere l’illuminazione. In questo senso i grandi maestri e le papesse consigliano al fedele di nominare Anubi nella sua trinità almeno due volte al giorno, al mattino e alla sera.

Un esempio di preghiere giornaliere sufficiente è ad esempio il seguente:

  • appena svegli: “Dio Cane ‘sta sveglia di merda. Dio Porco devo andare a scassarmi le palle al lavoro!”;
  • prima di addormentarsi: “Dio Maiale che giornata del cazzo!”.

È importante per l’anubista trovare sempre nuovi e fantasiosi modi di pregare la Trinità. Maggiore sarà la fantasia, maggiore sarà la soddisfazione e la gioia dell’umano.

È comunque importante non aspettare di sentire il richiamo spirituale per pregare. L’attendere di darsi una martellata su un dito per nominare il Dio Cane limita la spiritualità della preghiera. È importante nominare invano il divino anche nei momenti di tranquillità e di gioia. Un esempio: “Dio Cane! Ho vinto al lotto!”.

Attenzione, perché chiedere ad Anubi una qualsiasi cosa come una vincita al lotto o altro è un grave peccato di rottura di canine palle.

VII. La vita non è sacra per alcuno

Come abbiamo già anticipato nell’etica anubista, la vita per gli anubisti non è sacra. Contestualmente abbiamo osservato come uccidere sia inutile.

L’illuminato non uccide non perché la vita sia sacra, ma perché nella sua alta illuminazione capisce che uccidere un umano è stupido, molto stupido, perché non risolve niente.

La domanda nasce spontanea: perché ci hanno sempre detto che la vita è sacra? Ce lo hanno detto tutti, dai “presidenti della repubblica” ai “papi“. Come mai sono tutti d’accordo nell’impiantarci la sovrastruttura “vita sacra” sin da quando siamo piccoli?  Proviamo a rifletterci.

Sin dall’infanzia molti piccoli umani subiscono infinite forme di violenza. Qualcuno è stato  malmenato, qualche volta abusato, violentato, derubato e umiliato. Non ha mai visto  quella “giustizia” che nel frattempo qualcuno diceva esistere.

Una ragazzina o ragazzino non fisicamente dotato non poteva difendersi dalla violenza di qualcuno più “grosso” e non c’erano alternative… doveva soccombere. In realtà un’alternativa ci sarebbe stata… si sarebbe potuto armare anche solo di un banale bastone per compensare la differenza di prestanza fisica, ma armarsi era “vietato“.

Vietato… già… ma non era vietato al fisicamente più dotato di far del male, di derubare o di picchiare con il rischio di farsi  uccidere.

Era vietato ai “meno prestanti” di armarsi. Non era solo vietato, ma gli statali diffondevano una sovrastruttura “antiarmi” che è rimasta anche in molti “adulti”: le armi sono pericolose! Già… gli stessi adulti si siedono al volante di un’automobile che è potenzialmente in grado di causare una decina di morti in un colpo senza fare una piega.

L’automobile non ha la sicura; può capitare di uccidere senza dolo e senza colpa grave, fa parte dei rischi di guidare. Le armi non sparano da sole e hanno una sicura. Le armi, come un trapano o come un’automobile, aumentano il potere fisico dell’umano sulla materia. Sono una leva come un’altra.

Ma le armi no, guai, ti devono fare paura. Però lo Stato le armi le ha, le usa e ne detiene il monopolio. Non ci trovi nulla di strano? Perché chi nasce fisicamente più “potente” ha il naturale diritto di aggredire gli altri maschi e femmine? Perché all’aggredito è vietato colmare il gap tramite un oggetto che l’istituzione chiama “arma” di cui si riserva il monopolio d’uso?

A una donna potrebbe bastare impugnare un coltello per evitare l’aggressione, ma la stessa istituzione che non la difende le vieta di impugnare un coltello per difendersi. A un uomo fisicamente poco dotato basterebbe impugnare un bastone per potersi difendere da un aggressore “più fisicamente prestante“, ma la stessa istituzione che non mette l’aggressore nella condizione di non nuocere glielo vieta.

La legge sulla legittima difesa è molto chiara: se sei una donna di quaranta kg e vieni aggredita da un uomo di cento devi difenderti con le mani; chiaramente soccombi, e non è un problema dell’istituzione ma tuo. 

Insomma, abbiamo capito bene e chiaramente che da “piccoli” il più “grosso” ha sempre ragione. 

Crescendo la minaccia fisica è passata in secondo piano, e abbiamo cominciato a subire in modo sempre più violento la limitazione della libertà di fare o di esprimerci liberamente. Bisognava dire e fare ciò che facevano gli altri, altrimenti dovevamo subire violenza morale operata da tutto il sistema famiglia/società/Stato/chiesa.

Quando abbiamo capito che questa struttura che ci governava esisteva ed era “viva“, eravamo quasi già completamente addomesticati.  In realtà vivere ai “margini” di ciò che ci avevano imposto era ancora possibile; il prezzo era alto, ma si poteva ancora sostenere.

Insomma, abbiamo capito che potevamo pensare ed esistere in modo diverso dagli altri, ma dovevamo impegnare molte energie.  

In seguito, cominciando a lavorare alienando il nostro tempo per “produrre ricchezza” è cominciata la sofferenza dovuta all’aggressione sistematica ai nostri beni; aggressione perpetrata da  chi economicamente era più “potente” di noi.

Abbiamo tentato di difenderci legalmente, ma anche quando ci è andata bene abbiamo comunque perso un sacco di tempo e di soldi e abbiamo cominciato necessariamente a metabolizzare che “la giustizia non funziona“. Quella giustizia di cui ci avevano raccontato meraviglie, alla prova dei fatti non funziona. Cioè, rende sempre economicamente perdente “agire per via giudiziaria” contro il più “ricco“. 

Insomma, abbiamo capito bene e chiaramente che  chiunque sia “economicamente forte” ha sempre ragione.

Eppure ci avevano raccontato un mucchio di storie sulla giustizia, la costituzione e altre amenità, ma non ne abbiamo mai trovato riscontro. Nulla era andato come ce lo avevano raccontato. 

Ma la giustizia del Dio Stato? Lavora che ti lavora, produci che ti produci cominci a renderti conto che in realtà il nemico è sempre lo stesso: Lo Stato. Tasse, burocrazia assurda e tasse asfissianti ti impongono di alienare un mucchio di vita solo per difenderti dallo Stato.

Ma lo Stato non eri tu? Se sei tu evidentemente sei masochista… hai generato uno Stato che ti opprime in tutti modi. Non sei masochista? No? Allora sei scemo? No? Allora c’è qualcosa che non funziona. 

Probabilmente ciò che non funziona è che lo Stato non sei tu, ma sono loro.

In effetti, tu quante leggi hai fatto? Nessuna? Quindi le hanno fatte loro. Tu quante tasse sulla RAI o quante multe ti sei imposto? Nessuna? Le hanno fatte loro. Tu quante volte ti sei messo sotto processo o in galera? Mai. Allora lo ha fatto qualcun altro. Lo hai voluto tu in costituzione un articolo che ti vieta di votare a un referendum riguardante la tua fiscalità? Tu? Ti sei autovietato di esprimere un parere? No? Allora lo ha fatto qualcun altro. 

Se continui a pensare di essere lo Stato devi sentire uno bravo… ovviamente anubista! 

Ora il Profeta, parlando di vita, chiede qualche riga per un anubistico inciso ricordando un film che non era il top, ma era curioso. Supponi di avere un orologio che ti consenta di cancellare le ore in cui ti rompi i coglioni o in modo equivalente di avere un robot che ti sostituisca evitandoti di vivere il tempo in cui ti rompi le palle. Inutile dire che le ore del giorno in cui dormi non le vivi.

Fai il tuo bilancio e se sei umano, ovvero hai una certa autoconsapevolezza della vita, vedrai che forse hai tre ore al giorno disponibili per fare davvero quello che ti pare. Considerati un uomo fortunato, perché temo che la media si aggiri attorno alle due ore al giorno.

Ora supponiamo che qualcuno ti faccia lavorare due ore in meno al giorno: praticamente ti raddoppia la vita.

Supponiamo di vivere in uno Stato che dalla combinazione delle tasse dirette e indirette, accise e aumento dei costi dei prodotti derivanti dalla tassazione sulla filiera che li produce ti tassa all’80%.

Quanta vita ti toglie? Sì certo, qualche briciola ti torna indietro; ma fai bene i conti, perché ti garantisco che rappresenta sì e no il 20% di quello che ti ruba.

Se la vita è fatta di un numero di ore limitato, ogni ora in più che devi dedicare al lavoro è un’ora in meno di vita. 

Comunque lavorando più del doppio di quello che è necessario e alienando una grande percentuale della tua vita, hai messo da parte ore di vita sotto forma di soldi e beni. Per poterti comprare un piatto di pasta ti è stato imposto, come minimo, di produrne due; uno andava allo “Stato” (pizzo chiamato tassa), ma va bene lo stesso perché alla fine dell’anno ti sei fatto la TV nuova…

Poi però scopri che quelle quattro cose o quei quattro soldi che ti sono costati un mucchio di ore di vita sono alla mercé di tutti. Ti hanno obbligato a mettere i soldi in banca, altrimenti eri un “evasore“, poi attraverso ulteriore tassazione, inflazione e fallimento delle varie banchette te li hanno rubati

  • Ogni tanto devi pagare per qualcosa che non vuoi, ma è imposto dalla legge. 
  • Ogni tanto ti tocca pagare per qualcosa di illegittimo, ma che devi per legge.
  • Ogni tanto devi pagare per qualcosa che non devi per legge, ma non puoi difenderti legalmente  perché ti costerebbe molto di più che pagare.

Meno male che ti sei comprato la televisione, dei mobili, un orologio, un’automobile, ovvero dei beni: i summenzionati attori non te li possono rubare. Errore! Qui entrano in gioco altri attori, detti ladri senza divisa, che ti possono rubare tutto quello che vogliono, tanto coloro i quali ti impoveriscono dicendoti che ti difenderanno, difenderanno invece chi ti deruba.

  • Così ti ruberanno la macchina o la moto. Qualcuno magari riuscirà a prenderli, ma i signori giudici li libereranno.
  • Così ti ruberanno l’orologio d’oro del nonno, il televisore e i mobili svuotandoti la casa. Qualcuno magari riuscirà a prenderli, ma i signori giudici li libereranno.
  • Così ti ruberanno i beni che hai in negozio o ti rapineranno dell’incasso, che in gran parte dovrai dare comunque allo Stato. Magari qualcuno lo “assicurerà alla giustizia”, ma i signori giudici li libereranno.

Quindi comprendi che devi anche pagare per acquistare antifurti, catene, cancelli, serrande, serrature, porte blindate, telecamere, casseforti, cassette di sicurezza e assicurazioni sul furto. Tutte cose che non ti danno nessun valore aggiunto, ma che se vuoi possedere dei beni “ti tocca” comprare come ulteriore “tassa sul possesso” sui tuoi beni. (Casualmente per lo “Stato” il furto è sempre un bene, perché incrementa il PIL così può rubare di più mantenendo costante il “rapporto debito/PIL“.)

Non ne puoi più.  Continui a lavorare come uno stronzo convertendo una piccola percentuale del tuo lavoro in denaro e beni e il tutto ti viene sistematicamente rubato.

Le tue ore di vita, quindi una parte della tua vita, ti viene sottratta. Sembra quasi che i ladri con o senza divisa siano d’accordo. Entrambi operano alla faccia tua e di chi dovrebbe difenderti, in totale impunità.

Nel caso in cui una ” divisa” decida di operare per tutelare la tua incolumità o i tuoi beni verrà sicuramente massacrata da giudici vari e dalla stampa.

Un bella struttura, eh? Sembri non avere proprio alcuna difesa né dal “potente” né dal malfattore. Sembri davvero essere una formichina in balia di uno stivale. (Ogni riferimento alla forma del territorio occupato dallo Stato italiano è puramente voluto.) 

Inizi a osservare che chi opera “violenza di piazza” ottiene sempre un incremento della estorsione nei confronti di chi lavora a beneficio di chi picchia, spacca o minaccia fisicamente. 

Sembra che i potenti abbiano paura della violenza e delle armi: ladri e rapinatori con o senza divisa, potenti con e senza divisa o tonaca sono persone in carne e ossa, e possono essere molto facilmente fermate. Se non possono essere fermate dalla “legge” (minuscolo) possono essere fermati attraverso l’assassinio.

Un giorno, stufo di essere derubato, umiliato, offeso, picchiato ecc… prendi un coltello, un bastone, un fucile e ti difendi. Per difenderti uccidi.

Decidendo di usare la violenza invece di subirla crei un problema serio al sistema. Difendendoti attraverso la violenza il Re, il Papa, il Presidente, il rapinatore e il ladro cominciano ad aver paura, perché diventano vulnerabili. 

L’unico modo di difendersi dai Re era ucciderli; non c’era alcun altro modo di lederli. In qualsiasi altro modo avevano sempre ragione loro. Ciò vale per tutti i tipi di potenti di Stato, mafiosi o religiosi. Vale altresì per chiunque ti voglia uccidere parzialmente derubandoti di ore di vita. Usare la stessa violenza che loro usano su di te è un buco nel loro sistema. 

Quindi, cosa c’è di più logico che importi la “sacralità della vita“? 

La vita deve essere sacra perché chi ti domina, potente con o senza tonaca o ladro con o senza divisa, può essere fermato con un minimo di violenza.

Capi delle religioni o degli Stati  hanno obbligato milioni di persone a morire in guerra. Ma la vita non era sacra? È sacra finché la tua vita serve agli interessi di chi comanda. È sacra finché serve a tutelare la “loro” vita. Non la tua. 

Se è sacra la vita è percentualmente sacra ogni ora di vita che hai dovuto alienare per guadagnare denaro, che non è sterco ma solo una merce di scambio per ottenere pane e altri beni.

Se vieni derubato di beni equivalenti a 30 anni di lavoro il ladro/rapinatore dovrebbe rispondere dell’assassinio di almeno un terzo di un uomo, ma non funziona così.

Prima di chiudere questa rottura di divine sfere, il Profeta vorrebbe riflettere sullapena di morte“. 

Sono in molti a gonfiare le divine sfere sulla illegittimità della pena di morte. Lo stato non può uccidere, non è etico! 

Però lo stato può incarcerarti vent’anni per sbaglio. Può distruggerti famiglia, lavoro, carriera, affetti, economia famigliare, salute fisica e psichica incarcerandoti per vent’anni ma non può ucciderti.

Tu, caro adepto che per fortuna non hai vissuto questa esperienza, pensaci bene: preferiresti essere ammazzato per sbaglio… (via il dente via il dolore)… o preferiresti essere incarcerato vent’anni per sbaglio?

(È stato fatto l’esempio dei vent’anni perché è di questi giorni la notizia di un poveraccio imprigionato 22 anni “per sbaglio“.)

Qualcuno potrebbe pensare che sia meglio essere incarcerati… almeno sopravvivi. A questi suggerirei di provare a vivere davvero, al fine di poter capire meglio che cosa sia essere privati del tutto della propria libertà. 

Insomma, anche in questo caso la vita è sacra per lo Stato, quindi non si può condannare a morte qualcuno, ma si può condannare alla galera (tortura) a vita. Ma lo Stato è magnanimo o è un torturatore? Non è che la verità è un’altra? 

Avendone il Profeta completamente piene le  sfere, notoriamente sacre all’anubismo, suggerisce di riflettere sul fatto che il Re, il Presidente o qualsiasi altro potente non verrà mai condannato dai suoi affiliati alla galera a vita... ma potrebbe venire ucciso da qualcuno. Sia mai! La vita è “sacra“!

Lo Stato non condannerà mai a morte chi ha ucciso tua moglie per rapinarla… la vita è sacra… ma quando i conti dello Stato non saranno in ordine ti obbligherà ad andare a morire in guerra per difendere gli interessi economici di qualche potente. Le due passate guerre mondiali hanno generato un numero di morti tra i sessanta e i cento milioni (fonte Wikipedia). Tutti morti benedetti dagli Stati e dalle religioni.

Come ben descritto nel capitolo sull’etica, tutte queste riflessioni NON vogliono istigarti a uccidere per difenderti: ciò sarebbe stupido, molto stupido. 

Quando i ladri comandano è inutile uccidere. Uccidere ad esempio un rapinatore senza divisa che ti entra in casa ti farebbe finire in galera a opera dei ladri con la divisa. Mentre sarai rinchiuso in galera altri ladri senza divisa finirebbero di svuotarti la casa, mentre il conto in banca ti verrebbe svuotato dagli avvocati. La tua casa, se non viene occupata, verrà venduta per risarcire i parenti del rapinatore senza divisa.

Fatti ammazzare dal rapinatore! Perdi tutto, ma almeno lo perdi di colpo. Se ti trovi in casa tre persone armate e tu hai una pistola, usala per suicidarti in modo indolore. Del resto la vita è sacra! Vorrai mica rischiare di far del male al povero rapinatore? Devi comprendere che sei schiavo dei ladri, e che non c’è altra difesa che la fuga.  L’unico modo che hai per difenderti dai ladri è trasferire te stesso e i tuoi beni in un posto dove non comandano i ladri, altrimenti sarai sempre perdente.  

P.S.: Perché chi dice che la vita è sacra ha permesso che la tua vita venisse messa in pericolo? Cosa ci faceva in casa tua il rapinatore già da tempo noto “allo Stato” come attentatore alla vita altrui?  Domanda stupida. Non è la tua vita ad essere sacra… lo è la loro! Non lo hai ancora capito? 🙂

Gli illuminati possono saltare le prossime righe. 

So che l’adepto sarà teso a cercare di inquadrare politicamente il Profeta. Se è critica l’assenza della pena di morte allora è di destra. Caro adepto, il Profeta non è solo contro la pena di morte, ma anche contro le carceri perché sono solo un prodotto dello Stato. 

Allora è di sinistra! Il problema è che, caro adepto, tu continui a dare per scontato di non poter vivere senza essere oppresso da qualcun altro… e come schiavo non riesci minimamente a considerare di vivere in un mondo libero. 

Spero che questo non dipenda dal fatto che non potresti immaginare di vivere libero senza poter dare la colpa a qualcun altro delle tue mancanze.

VI. L’Etica del Dio Cane

Tutta la comunità filosofico/religiosa pasticcia da millenni con le definizioni di etica e di morale, molto spesso contraddicendosi a seconda degli interessi economici e politici del momento.

Ad esempio alcune di queste dicevano che siamo tutti fratelli che uccidere è sempre sbagliato. Ma poi a un certo punto i loro rappresentanti hanno trovato dei pezzi di terra che volevano a tutti i costi e hanno convinto dei disgraziati che Dio gli aveva mandato un fax dicendo che, per un po’, il “non uccidere” diventava “non uccidere salvo i miei rappresentanti dicano diversamente”. 

“Quindi mani alle armi, giovane! E non preoccuparti: se dovessi morire ci prenderemo cura noi dei tuoi averi e della tua famiglia mentre tu sei in paradiso!”

In epoca moderna le cose non vanno molto meglio: fior di professori di filosofia di tutto il mondo si fanno delle ricche pippe con dilemmi al limite del ridicolo, proponendo scenari in cui qualche pazzo ha legato della gente sui binari del treno e tu devi decidere se tirare o meno una leva che ne salverà alcuni e ne lascerà morire altri. “Vedi?!? È tutto relativo. Non c’è un’etica oggettiva nella vita!!!1!”. 

Ma cos’è? Un capitolo di Saw l’Enigmista? Ma grande Anubi! Se l’etica è sempre negoziabile a seconda della situazione, si può sapere che razza di etica è? E in che modo la posso applicare alla mia vita di tutti i giorni per migliorare la mia esistenza? 

Ma poi siamo sicuri che questi professori siano nella posizione di insegnare l’etica, dal momento che il loro stipendio arriva dalla tassazione e la loro bravura è spesso misurata in base a quanto mettono in difficoltà gli studenti?

Infine c’è l’ambito politico, dove tutti gli schieramenti giurano di essere anime belle e di avere l’etica migliore perché vogliono aiutare i deboli, le minoranze, eliminare la povertà, etc. Ok, fa già ridere così, ma facciamo finta per un secondo che sia vero e che siano guidati dalle migliori intenzioni. Quali strumenti hanno per applicare la loro etica?

Dal momento che i politici per definizione non producono ricchezza, l’unico strumento a loro disposizione per applicare i loro eticissimi piani è prendere forzatamente il denaro dai cittadini. Basta un briciolo di logica per capire che questo meccanismo ha molto più in comune col furto di quanto si pensi e che dunque di etico possa avere ben poco. 

“Ma lo si fa per il bene della collettività”, obietta qualcuno, “alla fine è un piccolo sacrificio per far stare meglio tutti”.

Peccato che per fare star meglio “tutti”, dobbiamo pagare una fucilata di tasse e abbassare la nostra qualità della vita. Quindi o noi non siamo parte del “tutti”, oppure anche il concetto di etica politica ha una falla più grossa del Titanic dopo che ha pomiciato con l’iceberg.

A causa di questi paradossi, un sacco di gente ha la bussola morale completamente in tilt e non è assolutamente in grado di dare una definizione esatta di cosa voglia dire vivere eticamente. Ma senza etica è difficile mettere dei paletti chiari tra noi e le rotture di coglioni del mondo. Subendo e poi giustificando le rotture di palle, si finisce per fare una vita miserabile. 

Facendo una vita miserabile, si finisce spesso per diventare a nostra volta dei rompicoglioni.

Fortunatamente Anubi, essendo l’unico vero Dio, porta con sé un concetto di etica chiaro, solido e che non muta a seconda delle necessità del momento: NON ROMPERE I COGLIONI.

Salvo tu non debba tutelarti da qualcuno che sta minacciando te, i tuoi cari o le tue proprietà, puoi perseguire una vita pacifica e soddisfacente senza rompere le palle a nessuno. Anzi, sarà proprio perché ti asterrai da questa inutile pratica che la tua vita sarà sempre meno merdosa.

Il concetto di non rompere i coglioni è incredibilmente ricco e completo nonostante la sua semplicità: chi non rompe i coglioni rispetta il suo prossimo e sé stesso, ha a cuore la pace, desidera tempo e relazioni di qualità per la sua vita e, soprattutto, è libero dall’ansia del dover fare del bene a tutti costi, poiché consapevole che, standosene tranquillo e facendosi i cazzi suoi, ha già reso il mondo un po’ meno merdoso. Il tutto senza rompersi i coglioni, appunto. Come vedi il concetto è talmente potente da confermarsi da solo in automatico.

In ultimo, ma non per importanza, non rompere i coglioni, oltre ad essere gratis, è anche universalizzabile.

Questo significa che non devi togliere nulla a nessuno per farlo. Ora prova ad immaginare per un secondo come sarebbe il pianeta se la maggior parte degli umani seguisse questo principio. Il paradiso terrestre in confronto è una favelas.

Posto questa base fondamentale, siamo pronti ad esplorarne l’applicazione negli ambiti più scottanti e complicati della vita umana. 

Come trattato in precedenza, ad Anubi non fotte un gran membro di segugio della vita umana. L’unica cosa sacra nell’universo è il Dio Cane, non le vite degli insulsi umani con testa di cazzo. Ma visto che religioni e  ideologie devono rompere i coglioni, al Profeta tocca approfondire i principi etici del buon anubista.

Considerazione della vita

Innanzitutto, come approfondiremo, la vita per gli anubisti non è sacra.  (Approfondimento nella pagina dedicata.)  L’Anubista non uccide non perché la vita è sacra, ma perché nella sua alta illuminazione capisce che uccidere un umano è stupido, molto stupido, perché non risolve niente; bisognerebbe ammazzarne a miliardi per avere un minimo di pace.

Per ammazzarne a miliardi butterebbe via la sua preziosa (per lui stesso) vita. Non ammazza il “Re” perché al posto del Re ci sarebbe un altro Re, oppure il “consiglio rivoluzionario” o una democrazia dove al posto di un dittatore ci sarebbero milioni di dittatori. 

Parimenti evita di uccidere il vicino di casa con testa di cazzo, tanto ne arriverebbe un altro magari con più grande testa di cazzo. Ovviamente non uccide uno perché gli ha tagliato la strada, tanto prima di tornare a casa lo avranno fatto altri dieci e si spenderebbe lo stipendio in cartucce senza risolvere niente. 

Il buon anubista dovrebbe usare la sua esistenza per portare il Verbo a coloro che ignorano ma, se proprio vuole, si può far secco. L’anubista considera la propria vita di sua esclusiva proprietà, per cui è libero di vivere o di suicidarsi come cazzo gli pare purché ovviamente non rompa i coglioni agli altri.  L’anubista se decide di morire fuma, beve, si droga; ma non si butta sotto la metropolitana nelle ore di punta, perché così rompe i coglioni agli altri umani che vanno al lavoro o non vedono l’ora di tornare a casa a farsi i cazzi loro (come Anubi insegna).

Se decide di morire non si butta giù dal balcone perché potrebbe cascare su qualche poveraccio che non c’entra una minchia, non si spara in testa perché spruzzando cervello dappertutto costringerebbe altri umani a pulire. Evita di suicidarsi “per finta” facendo prendere una gran paura a tutti gli altri: se proprio ha bisogno di aiuto va da un dottore. 

In sintesi, il buon anubista se proprio vuole si suicida ma lo fa rispettando il secondo precetto, cioè evitando di rompere i coglioni agli altri.

Il sesso

Se ci si sforza di immaginare un Dio unico, immutabile e onnipotente, non è difficile  immaginare cosa stracazzo può fottergliene degli umani: nulla.

Quel nulla è ancora infinitamente di meno di quanto a noi possa interessare la depressione di un’ameba.  Infatti ad Anubi interessa normare la nostra vita sessuale quanto a noi interessa  “normare” la vita sessuale delle amebe

Forse ci è mai venuta voglia di chiamare un’ameba in cima a un sassolino e darle dei comandamenti? No. Eppure i capi delle varie superstizioni si affannano a dire cosa Dio vieta e cosa Dio permette. Se ti tocchi fai peccato, se hai voglia di farti uno del tuo sesso fai peccato. 

Hai mai conosciuto un umano interessato a cosa cazzo fa un’ameba quando si arrapa? Non ci prendiamo per il fondoschiena. Anubi è l’unico vero Dio Cane; infatti se ne sbatte radicalmente le palle di cosa cazzo fanno gli umani con il pistolino e la fighetta, Anubi ha altro da fare! 

Ne deriva che l’anubista osservante va a letto con chi gli pare, quando gli pare e come gli pare. Può anche decidere di andare a letto con un criceto, purché lo stesso sia consenziente.

La riproduzione

Conscio dell’umana testa di cazzo e della merdosità del mondo, l’anubista  illuminato sa che più siamo e più ci rompiamo le palle a vicenda, per cui non si sente obbligato a riprodursi. Se vuole, evita di riprodursi in qualsiasi modo voglia. 

Curiosamente nella superstizione cattolica dicono alla gente di trombare solo da sposati e di non abortire perché è un omicidio. Se eliminare qualche cellulina è un aborto, non trombare cos’è? È in radice l’azione più assassina che si possa fare, perché così neanche le celluline trombano! L’anubista tromba quando vuole e abortisce quando vuole.

Nel caso in cui decida di procreare, conscio del suo personale e fottutissimo atto di egoismo, considera logico star dietro a suo figlio e allevarlo nella miglior cultura del Dio Cane. 

Suo figlio sarà già in giovanissima età capace di osservazioni anubiste, quali: “Ma Dio Cane, ma in che mondo di merda mi hanno messo?” o in alternativa: “Ma Dio Porco, papà, ma non  potevi metterti un gommino?”.

Il bene e il male

L’anubismo non concepisce contrapposizioni manicheistiche, come ad esempio quelle della  superstizione cattolica. 

Essendo il mondo un gran mondo di merda, parlare ad esempio di contrapposizione tra bene e male è quantomeno ridicolo: dove è il bene? 

Tali definizioni servono alle superstizioni finalizzate al controllo dell’umano per imporgli comportamenti. Si inventano premi o pene dati dopo la morte in funzione dell’osservanza dei dettami “religiosi”. Il tutto funziona, tanto nessuno potrà mai testimoniare che il cibo per i vermi non è stato premiato. 

In realtà come dicevamo il mondo è merdoso, e tutti gli animali in un modo o nell’altro si mangiano a vicenda. L’umano si mangia la vita a vicenda con i suoi simili stabilendo regole che servono al più ricco statalista fancazzista per arricchirsi di più e al più povero per buttare la vita a lavorare, tanto andrà in Paradiso. 

Appena ti giri c’è un buon osservante di qualche superstizione che te lo picchia in culo, però santifica regolarmente il suo Dio.

Il santificatore dell’unico vero Dio Cane è diverso. Sa che il mondo fa schifo, che gli umani si fottono a vicenda e che ad Anubi non frega un cazzo degli umani; questa è la situazione reale. 

Il buon anubista si limita a fare una cosa che è sicuramente giusta: non accrescere la merdosità del mondo; cosa che detta così sembra banale ma in realtà non lo è, per cui diventa indispensabile seguire i precetti del buon anubista.  

Come trattato in precedenza ad Anubi non fotte un gran membro di segugio della vita umana. L’unica cosa sacra nell’universo è il Dio Cane e non le vite degli insulsi umani con testa di cazzo.

Ma visto che ogni religione e ogni ideologia devono rompere i coglioni proviamo a stilare i principi etici del buon Anubista nei capitoli successivi.

V. I Precetti di Anubi, Il Dio Cane

Anubi, l’unico vero Dio Cane, com’è ormai noto si fa i cazzi suoi, e non si è mai sognato di dire agli insignificanti animali umani come comportarsi. Osservando, però, una qualsiasi statua dove Anubi sia rappresentato come un Dio Cane, notiamo come Anubi stia tranquillo, silenzioso ma con le grandi orecchiotte dritte. 

L’illuminato coglie immediatamente il messaggio anubista: stai tranquillo, non rompere i coglioni, non abbaiare inutilmente ma ascolta con attenzione. In più, essendo un Dio non punitivo dobbiamo anche rilevare un messaggio di anubistica tolleranza.

Dalle precedenti osservazioni possiamo comprendere che i precetti del buon anubista dovrebbero essere i seguenti.

1. Adorare il Dio Cane suo

Anubi non è il Dio nostro: Anubi è il vero Dio, per cui non facciamo confusione. Non che noi non si possa adorare altri dei, ad Anubi non gliene frega un cazzo, ma solo l’adorazione di Anubi illumina; quella degli altri rende ignoranti.

2. Non rompere i coglioni

Più si fa casino, più si grida, più si rompono i coglioni al nostro prossimo e più accresciamo inutilmente la rottura di coglioni universale, che è già infinita di suo. Purtroppo ci sono quasi nove miliardi di abitanti sulla Terra, e se tutti si mettessero a rompere i coglioni, dalla Luna si sentirebbero i latrati e finirebbe che qualche mondo alieno ci denuncerebbe alla Federazione dei pianeti per molestie.

Il buon anubista capisce che non sarà lui a cambiare la vita ad altri sette miliardi di persone tramite divieti e obblighi. Se proprio vuol fare la sua parte, il buon anubista adora Anubi e pensa a raggiungere la sua propria illuminazione, cercando poi di portare il “verbo” agli altri umani.

Solo quando tutti gli umani saranno illuminati, cambierà davvero qualcosa.

3. Ascoltare 

Solo ascoltando comprendiamo, e solo comprendendo cresciamo. Solo crescendo possiamo sperare di “illuminarci”. Anche ascoltando cazzate, comprendiamo.

Quando il buon anubista si troverà a pensare: “Dio Cane ma quanto è ignorante costui?” (un po’ di adorazione non guasta mai) avrà compreso che l’ignoranza umana è infinita.

Attenzione, perché siamo tutti comunque e sempre ignoranti, per cui è meglio non giudicare. Bisogna semplicemente tollerare, perché è statisticamente certo che qualcun altro dovrà tollerare la nostra ignoranza.

4. Rifuggire l’ignoranza

È ormai chiaro che il buon anubista teme l’ignoranza, lavora per diminuirla il più possibile e invoca la Divina Trinità anubistica al fine di perseguire la Grande Saggezza anubistica. Oltre a un’ineluttabile ignoranza in senso tecnico, l’anubista evita di manifestare quella che definiremoignoranza relazionale”.

Per ignoranza normalmente s’intende il “non sapere”. Prescindiamo un istante da questo significato anche perché, se per ignoranza s’intende la mancanza di sapere, siamo tutti tecnicamente ignoranti.

Ne segue che, al limite, l’ignoranza è un concetto relativo per cui bisogna che esista un elemento di paragone. Alle volte sento parlare persone che, non avendo studiato, si definiscono ignoranti e non è corretto.

L’ignorante non è colui che non sa “in sé”. Posto che la conoscenza sia infinita, è matematico affermare che le possibilità che esista qualcuno che sa tutto siano zero. Siamo tutti ignoranti o, per essere più precisi, l’ignoranza di chiunque tende all’infinito.

L’ignorante è colui che manifesta di non sapere perché “ignora di non sapere”. 

Non è un caso che: “So di non sapere” fosse un motto caro al vecchio Socrate. È la manifestazione dell’ignoranza che rompe i coglioni, che dà “fastidio”. Infatti, possiamo definire “ignoranti” anche persone molto colte, sicuramente non anubiste, semplicemente perché nell’ambito di una conversazione gridano, non fanno parlare gli altri, s’incazzano e sono verbalmente aggressive. Possiamo definire ignoranti persone arroganti, maleducate, anche se tecnicamente sono relativamente colte. 

Perché “ignoranza relazionale” è, in sintesi, la “manifestazione” della stessa, ovvero un’incapacità di relazionare correttamente che molto spesso muove i suoi passi dalla sbagliata considerazione della propria posizione rispetto al prossimo. Il bambino che fa i capricci è un bambino; l’adulto che fa i capricci è un ignorante, perché non sa che è adulto e non gli è più scusato di fare il bambino. 

Chi grida per avere ragione può essere ignorante 4 volte:

  • ignora di dar fastidio;
  • ignora che potrebbe aver torto;
  • ignora che relazionare dovrebbe essere un piacere;
  • ignora, e questa è la cosa più grave, che non si comunica per aver torto o ragione ma per aumentare la nostra saggezza, elaborando nuove informazioni e punti di vista diversi dai nostri.

Odiare tutti, non tollerare alcunché, lamentarsi di tutto sono altre manifestazioni tipiche di questa “ignoranza”, che è in sintesi l’assoluta manifestazione del fatto che l’umano nasce con testa di cazzo.

Se uno, adorando Anubi, capisse di non aver alcun diritto in più degli altri, o meglio di non averne nessuno, comprenderebbe che odiando tutti odia se stesso, non tollerando non tollera se stesso, lamentandosi di tutto si lamenta di se stesso.

Infatti,  “gli altri” che lui definisce “tutti stronzi” lo emarginano dalla vita sociale. In sostanza questa ignoranza sociale potrebbe essere definita, con una buona approssimazione, mancanza di saggezza; l’ignoranza sociale è la prima manifestazione della mancanza di saggezza, che è una decisa manifestazione dell’assenza di Anubi.

N.B.: Nel caso dopo accanita discussione qualcuno dimostrasse di aver ragione, avrebbe la certezza di ignorare comunque. Quando uno impegna tempo e risorse per dimostrare che è vero ciò che dice ha buttato tempo e risorse, perché ha impegnato tempo per non imparare nulla. Potrà anche aver ragione, ma è stupido. Per questo Il Dio Cane propone silenzio e meditazione, riassunto nel detto: Ma taci, Dio Cane!”.

IV. Il simbolo della religione del Dio Cane

Simbolismi vari sono stati storicamente un sistema di trasmissione di concetti e informazioni tra genti che non parlavano la stessa lingua. Sono poi diventati indispensabili per comunicazioni che dovevano aggirare i “poteri” di turno, tra cui quello della Chiesa.

La trasmissione della conoscenza è sempre stata osteggiata perché portatrice di cultura, apertura mentale e minore disponibilità a bersi le stronzate dei re e degli stregoni. Nella sovrastruttura che ci hanno imposto è quindi presente anche l’associazione “spontanea” simbolo – occulto – diavolo – male.

È semplicemente uno degli infiniti modi per condizionare il nostro pensiero. In tempi passati sarebbe stato necessario un simbolo per dire: “Eppur si muove”, vista l’aria che tirava. 

Il colore nero nello stesso modo dovrebbe richiamare dal nostro immaginario un’altra associazione “spontanea”: nero – buio – occulto – cattivo.

Il Grande Profeta dice: Meglio un buio reale che una luce falsa che genera false ombre (ogni riferimento alla caverna di Platone è puramente voluto).

 Anche l’anubismo ha il suo simbolo, che contiene 3 segni fondamentali:

  • Il cerchio con le ali, che è un vecchio simbolo utilizzato da correnti di pensiero tra cui gli gnostici. Il cerchio simboleggia il sole che rappresenta la ricerca della conoscenza, della verità, la luce diretta platonica. Rha il padre di Anubi, il Dio Cane, era per l’appunto il Dio Sole, quindi rappresenta la fonte da cui emana Anubi. Le ali nell’anubismo si rifanno al concetto nicciano di “altezza mentale”, ovvero di capacità di raggiungere punti “più alti” di osservazione della realtà;

  • La A di Anubi, il Dio cane, ma anche di anarchia, che a differenza del simbolo di qualche corrente anarchica taglia il cerchio con decisione per marcare la differenza tra il divino anarcanubismo e altre correnti anarchiche;
  • Naturalmente il tutto contiene il simbolo di Anubi: un cane con lunghe orecchie.

Per rappresentare Anubi potremmo anche usare i geroglifici:

…Ma non potendo diffondere il vero simbolo abbiamo anche a disposizione un simbolo occulto:

Per quanto riguarda le chat, i simboli occulti della Divina Trinità sono i seguenti:

Hesat la Vacca Dio:  ⬆️🐮

Anubi il Dio Cane:  ⬆️🐶

Seth il Dio Porco: ⬆️🐷