Dio si è fatto Cane

Giracchiando per il web il profeta ha trovato questo post in un forum. Ha notato subito che l’autore è stato colto da grandissima  illuminazione anubistica. Ha cercato di rintracciare l’autore ma non è riuscito. Prega l’autore nel caso legga le presenti sacre scritture di contattare il profeta perchè riceverà la nomina ad honorem di Grande Maestro dell’Anubismo


Fin da piccolo, la prima grande lezione che appresi fu che l’uomo disprezza e tende a distruggere tutto ciò che gli è inferiore: nella forza, nella dignità e nella moralità.

Appresi questa lezione osservando un uomo e suo figlio picchiare un cane. Si trattava di un randagio di strada, uno di quei cani che non hanno mai fatto male a nessuno e che ci pensano tre volte ad avvicinarsi anche se gli offri cibo e loro non mangiano da due giorni.

L’uomo, se proprio così vogliamo chiamarlo, aveva trovato il cane nel suo cortile, evidentemente era passato attraverso le sbarre di un cancello, e lo stava picchiando selvaggiamente con un tubo di gomma.

Il cane guaiva e cercava di scappare, ma non riusciva a evitare i colpi di quell’uomo. Quando riusciva ad allontanarsi, arrivava il figlio di quel tizio che, con una freddezza atipica per un dodicenne, lo prendeva a calci rimandandolo verso il padre.

Il cane si raggomitolò in un angolo del cortile cercando di farsi piccolo piccolo, così piccolo da diventare insignificante, da essere troppo piccolo per essere colpito da un tubo di gomma. A quel punto il padre aprì il cancello e cacciò il cane a pedate. Il cane non scappò neppure, si allontanò piano.

Poi si avvicinò a una pozzanghera e bevve acqua iridescente di nafta. Si spostò un po’ più in là, con la lingua penzoloni, barcollando, si accasciò sotto a un cassonetto della spazzatura, poggiò la testa per terra ansimando e poi smise di respirare.

Si dice “fedele come un cane”, ed è così, perché un cane intelligente non morderà mai la mano del padrone. E il padrone come ricambia il proprio amico? Spesso maltrattandolo, abbandonandolo, affamandolo, lasciandolo al freddo anche nei giorni di tempesta.

L’uomo culturalmente disprezza i cani, e lo appresi quando fui un po’ più grande. Appresi che esistevano frasi come “solo come un cane”, osservando appunto che l’animale più affettuoso e fedele nei confronti dell’uomo per antonomasia è sempre stato un animale solo, incompleto senza qualcuno che si prenda cura di lui.

E scoprii che dare del “cane” a una persona, invece che essere un complimento, una lode per il coraggio e la devozione, era tra i peggiori insulti che si potessero fare. E mi sforzai di capire per quale motivo essere “cinico”, essere come un cane, dovesse per forza significare disprezzare e diffidare l’uno dell’altro, mentre non c’è animale più genuinamente amico di un cane.

E “mondo cane” era una maledizione urbis et orbis, passare una vita da cani è vivere nelle ristrettezze, una donna di facili costumi è una cagna, e se proprio vogliamo bestemmiare Dio allora basta dirgli “Dio cane” e lui capirà quanto lo odiamo.

L’uomo disprezza il cane, disprezza l’essere che più lo ama.

Eppure la storia e i miti ci insegnano che i cani sono stati capaci delle azioni più miracolose e belle che possiamo ricordare. Uno tra tutti Argo, che riconosce Ulisse dopo averlo aspettato vent’anni, lo riconosce nonostante avesse assunto la forma di un vecchio, ne riconosce l’odore, e gli muore tra le gambe, felice di averlo atteso molto oltre la naturale vita di un cane.

Quale uomo farebbe altrettanto? Quale altro animale? Argo è un mito, ma noi ci crediamo che un cane possa davvero fare questo, ce lo aspettiamo, lo sappiamo. E il cane lo fa.

Cane dovrebbe essere complimento: terribile con i nemici e mansueto con gli amici. Quale altro animale è in grado di distinguerli o che gliene freghi qualcosa?

Tra gli insulti meno comprensibili, poi, ho appreso anche il dare del “cane da guardia” a certi tizi che avvertono qualcuno del pericolo che incombe. Come se il cane fosse inutile, anzi, che questa sua capacità non fosse una virtù ma un difetto.

Anche scodinzolare è insulto. Un lacché lo si insulta facendogli notare il movimento della coda del cane di fronte al padrone.

Questo appresi sul cane e cominciai a domandarmi se questa reputazione fosse fondata. Ma ovunque guardassi, ovunque indagassi, pensassi, ragionassi, leggessi, il cane era sempre amato e bistrattato. Un essere da mettere al suo posto, a cui gridare “cuccia” e dal quale aspettarsi immediata ubbidienza. Che non sporcasse e che comprendesse il linguaggio umano erano grandi doti per una bestia come il cane, non essendosi mai sforzato l’uomo di comprendere il linguaggio del cane.

Forse fu Shakespeare a dire che non c’è nulla che un cane brama come premio più di un fischio del padrone e aveva ragione, perché il cane non chiede nulla. Il cane gioca, pretende con sfacciataggine quando è viziato, ma è sempre lui il primo ad accoglierci quando rincasiamo, imparando a comprendere tra milioni la frequenza e il peso del nostro passo, il nostro odore anche coperto da mille profumi, la nostra voce nel frastuono di migliaia di voci.

Forse è l’umiltà di questo animale che riesce a tirar fuori da certa gente il peggio di loro. Forse è questo continuo dare e dare del cane all’uomo che lo rende così disprezzabile. L’uomo in fondo non comprende il cane. Ci è sempre stato accanto, ci ha aiutato a cacciare quando vivevamo solo di caccia, ha governato le nostre greggi, ci ha seguito in guerra quando abbiamo combattuto, ci ha protetti nel sonno, ci ha difeso dai nemici, si è scagliato contro animali ben più grossi di lui, in questo sovrastandoci in coraggio per sempre.

E per cosa poi? Non per cibo, non per calore, non per privilegi, ma per il piacere della nostra compagnia e apprezzando una carezza come regalo quasi immeritato tante sono le feste che da a chi gli è accanto.

Diogene si fece cane perché non riconosceva il valore degli uomini, si umiliò, si disprezzò, si ridusse a cibarsi di immondizia, si fece il primo cinico. Diogene disprezzò i cani più di ogni altro, condannandosi alla loro vita come se per i cani fosse disgustosa la vita priva di un uomo al quale stare accanto.

Per lui il cane solo era la più inutile tra le creature e si fece cane in cerca di un uomo al quale scodinzolare attorno e leccare la mano. Diogene disprezzò i cani interpretandone la vita. Come noi disprezziamo i cani che interpretano, in certi quadri dell’assurdo o in certe rappresentazioni sceniche, figure di uomo, avvertendo assurdità e disagio.

Chi non odia la Vergine Cuccia? Chi ha come personaggio preferito Ettore, il mastino che morde il gatto Tom che insegue il topo Jerry? Pippo, della Disney, è un cane umanizzato e per questo sconta il peccato originale di aver preteso di essere migliore, vivendo una vita goffa, dinoccolata, sempliciotta, stupida. Molto meglio Pluto, che è cane vero, scemo sempre, ma cane a quattro zampe. Che sta al posto suo.

Noi tutti abbiamo pregiudizi nei confronti dei cani, anche quelli che tra noi li amano davvero. Provino lorsignori a fare un esperimento. Prendano un’immagine di un quadro famoso in cui si esalta la bellezza dell’uomo o della donna, un quadro di Botticelli, Renoir, Manet, Gauguin, Michelangelo, Goya… e ora sovrapponete ai volti perfetti di uomini e donne di quelle tele, di quegli affreschi, i volti dei cani. Proverete disgusto, sentirete in cuor vostro che è stata fatta offesa a quelle bellezze corrompendole con un viso che vi guarda, appunto, in cagnesco.

Molto meno disagio proverete usando il volto di una bella gatta.

A dire il vero, eccezioni ce ne sono. Chi non apprezza Snoopy? A chi non piacciono i 101 dalmata? Chi non apprezza l’intelligenza di certi cani da film, a dire il vero un po’ troppo perfettini per essere simpatici?

Ma perché l’uomo non riesce ad amare il cane? Forse perché diffida di lui.

Forse non riesce a capire, lui sì davvero cinico, per quale motivo qualcuno abbia tutta questa forza e amore da dare e dare e dare senza chiedere mai nulla in cambio.

Forse l’uomo non si fida di tanta fiducia, di tanta cieca dedizione, di tanto semplice amore incondizionato.

Cosa vuole da noi il cane?, sembra chiedersi. Che ci guadagna in cambio?

La risposta non soddisfa: niente, o una carezza, è troppo poco.

Anche l’amore, per l’uomo, ha un prezzo.

Forse l’uomo non ricorda che anche lui diventa cane in un breve periodo della sua vita.

A volte neppure tanto breve.

L’uomo diventa cane da adolescente, quando scodinzola attorno alla ragazzina con le treccine, tanto carina che imbarazza guardarla.

Lei sorride e si struscia come una gatta, vanitosa e vitrea, molle e umorale.

L’uomo invece è cane:

fedele,

ossessionato dal volerle stare accanto,

accondiscendente.

Manda giù amari bocconi di umiliazione senza battere ciglio,

con la lingua penzoloni,

aspettando una carezza o un fischio.

E allora saltella, zampetta, guaisce, latra,

si contorce dal godimento di ricevere attenzioni.

L’uomo si fa cane…

e poi, massacrato dalle delusioni, si fa cinico e smette di scodinzolare.

Chi prima, chi dopo.

Il cane mai.

Il cane scodinzola sempre.

Il cane non si fa cinico,

nemmeno con un uomo che lo maltratta.

Non conserva il trauma

e si dedica anima e corpo a qualsiasi altro padrone che lo apprezzi.

Il cane non diventa mai cinico.

E forse è questo che ce lo fa odiare:

il suo essere eternamente adolescente,

mentre noi invecchiamo e moriamo disillusi, delusi, tristi.

Noi lo invidiamo, il cane.

Ne invidiamo la genuinità.

Per questo lo odiamo.

E se fossi credente,

se fossi vero cristiano

(non cristiano che predica povertà e poi sguazza nell’oro),

crederei che Dio è veramente tra noi.

Che Dio c’è sotto forma di cane.

E allora davvero:

Dio cane.

Meglio che uomo.

Jonny Wolf Ad honorem “Grande Maestro dell’Anubismo”

La Bestemmia filosofica

Su internet si trovano molti cattolici e non che dibattono sulla liceità morale, sulla legittimità e sulla opportunità di bestemmiare.

Il buon anubista adora nel Dio Cane, nel Dio Maiale e nel Vacca Dio la sua Divina Trinità anubistica, per cui il nominarli è semplice espressione della sua religiosità. Ciò non gli è vietabile e non è minimamente antisociale: l’adorazione dei propri dei è libera.

Se è vero che tutte le religioni devono essere rispettate, nel pregare i suoi dei l’anubista compie un gesto non solo lecito a livello etico, ma che deve essere necessariamente legale.

La legge italiana, non essendo ancora riuscita a rimuovere del tutto divieti medioevali, punisce tuttora civilmente chi “bestemmia” in pubblico di fronte almeno a due persone. Ciò in contrasto con l’indirizzo europeo di eliminare ogni forma di limitazione della libertà di pensiero.

Gli umani hanno inventato miliardi di dei, compresi degli dei che erano tutto tranne che “buoni”; l’affermare ad esempio: “Dio di merda” può essere una verità complimentante un Dio che non è necessariamente quello cattolico, per cui anche in questo caso non ha alcun senso dire che è eticamente sbagliato.

L’errore da parte dei cattolici sta nell’avere preteso di non dare un nome proprio al loro Dio. Se il loro Dio si chiamasse per esempio Pippo allora: “Porco Dio Pippo” sarebbe effettivamente eticamente condannabile, in quanto chiaro insulto al Dio Pippo. Non avendo però un nome proprio il loro Dio, non possono sentirsi offesi ogni volta che si nomina un Dio, perché le religioni sono infinite e gli dei anche.

Ricorrono da sempre domande tipo: Che senso ha offendere un Dio in cui non si crede?“. In effetti la domanda ha un senso. Il Grande Maestro Carlo, correttamente, al fine di ovviare a questa domanda bestemmia così: “Porco di quel tuo Dio!”. Qui il senso dell’affermazione è chiaro e ineccepibile. 

Probabilmente perché in Italia non gli è permesso essere semplicemente agnostico. Deve necessariamente essere ateo

Sin da piccoli sono tali e tante le forme di condizionamento operate dalla chiesa che non è possibile esistere in posizione neutra nei confronti del Dio della chiesa. La propria libertà è necessariamente limitata non solo dalle sovrastrutture imposte, ma anche da leggi religiose che lo Stato, teoricamente laico, impone per gestire i flussi di voti gestiti dal papa.

Ci vengono farciti i cervelli con “mondi buoni”, “preti buoni”, “giustizia”, “porgi l’altra guancia” e tante altre belle balle, tra cui purtroppo anche “porgi il culetto”, ma stendiamo un velo pietoso. 

Crescendo ci si accorge quanto sia merdoso il pianeta e quanto i condizionamenti subiti siano stati fattivi al sistema per fotterci. Si scopre quanto i rappresentanti del Dio cattolico, come del resto quelli di tutti gli altri dei, siano sempre stati concussi (o tutt’uno) con il potere di turno.

Qui nasce una forma di reazione volta a levarsi dal “mondo delle balle e dei divieti”; ma non si può, perché il sistema intorno a noi è così oppressivo che è necessario mettercisi contro, non si può semplicemente farsi i cazzi propri. È necessario diventare atei, scontrarsi con chi vuole limitare anche la libertà altrui in nome della sua superstizione, e di questo non si può fare altro che soffrire.

Uno dei modi di sfogare la sofferenza è per l’appunto la bestemmia. Uno strumento anti-coercizione e anti-frode che l’ateo “cattolico” usa spesso pensando che, se lui in nome di un altrui Dio deve essere coercito, potrà almeno manifestare il suo dissenso verbalmente.

Il dissenso verbale può trasformarsi in una bestemmia maieutica: innesca il processo di apertura mentale in coloro che ascoltano. Si può anche parlare di bestemmia redentiva, in quanto è uno strumento per spingere alla redenzione coloro che credono in un Dio che non esiste.

Ne deriva che alla bestemmia dell’ateo “cattolico” potremmo dare un’accezione filosofica, in quanto è una manifestazione di desiderio di libertà, almeno nella espressione, e di ricerca di verità nel pensiero.

Quando il bestemmiatore ateo “cattolico” incontra l’anubismo, perde la rabbia e ritrova la pace nello scoprire che il Dio c’è, ed è esattamente Cane come lui aveva sempre pensato. L’idea del Dio Cane insita nell’umano comincia quindi a prendere forma, fino a concepire la verità di Anubi dando all’umano grande serenità:

Non pensino, tra l’altro, erroneamente i cattolici che affermare che Dio è Cane possa essere un’offesa a un Dio, perché casomai l’offesa potrebbe essere: “Dio umano”, cioè associare un Dio a un umano. Dire: Dio è cane” è l’associazione migliore che anche un non anubista possa fare, perché l’umano è sicuramente peggio di un cane.

Qualcuno ha mai visto un cane obbligare gli umani a uccidersi tra di loro per godersi lo spettacolo? L’umano lo ha fatto con il cane. Più avanti il Profeta approfondirà il concetto. 

La più grande offesa che storicamente sia stata fatta agli dei è stata proprio quella di antropomorfizzare il divino fino a rappresentarlo con corpo di umano, cosa che ovviamente fece molto incazzare Anubi. L’associare Dio a un porcello, a una mucca o a un cane non è una offesa.

Qualcuno ha mai visto una mucca o un porcello “cattivi”? Allora dove sta l’offesa? Cerchiamo di essere tutti rispettosi, tolleranti e possibilmente anubisti, adorando nella più assoluta libertà in nostro Dio Cane, il Dio Porco e il Vacca Dio. 

Qui il Profeta desidera richiamare l’attenzione degli adoratori su un inciso: noi abbiamo diritto di adorare il nostro Dio e le sue emanazioni, ma dobbiamo cercare di non trascendere. La nostra venerata madre di Anubi è Hesat la Dea Vacca, e questo ci porta ad adorarla. Ma la “Madonna” nulla c’entra.

Madonna” è in Italia il “nome proprio” della mamma di Gesù, ed è stata divinizzata dai cristiani. Come sappiamo ci sono molte figure storiche/mitologiche divinizzate dalle varie religioni. Ci sono diverse religioni che hanno condiviso divinizzazione e/o rispetto per alcune figure. L’anubismo condivide con i cristiani (e curiosamente anche con i mussulmani) la venerazione per la “donna eccellente”.

L’anubismo non concorda sulla verginità della Madonna, in quanto non necessita di pensare che la Madonna non abbia trombato per poterle portare il rispetto e l’adorazione dovuto alla donna moglie e madre.

Nessuno potrà mai sapere cosa abbia effettivamente detto e fatto Cristo finché non inventeranno la macchina del tempo, ma è indiscutibile che un anarchico “antiprete” dal nome di Gesù sia esistito. Posto che sia esistito, è indiscutibile che abbia avuto una madre. La madre, adorata come la Madonna, è l’unica figura religiosa che non abbia mai avuto un valore prescrittivo.

Non risulta che abbia mai vietato alcunché o obbligato a fare qualcosa. È stata anche figura “violentata” togliendole il pregio di aver fatto “il suo dovere” con Giuseppe. Per questo e per l’icona di bontà che lei rappresenta, è figura rispettata e adorata dai buoni anubisti.  

Il Profeta desidera qui chiarire che l’anubista non è “contro” la religione cattolica cristiana: L’anubista non è contro alcuno. L’anubista nel solstizio d’inverno può anche fare un bel presepe. 

Il Profeta raccomanda al buon anubista di non fare un presepe tanto per farlo; l’anubista se fa un presepe fa un bel presepe.

L’anubista osserva e impara, non è mai “contro”.

Per inciso, non è contro i “preti”: anche tra i preti, come in tutti gli assiemi di umani, ci sono brave persone e delinquenti. 

I Precetti di Anubi, Il Dio Cane

Anubi, l’unico vero Dio Cane, com’è ormai noto si fa i cazzi suoi, e non si è mai sognato di dire agli insignificanti animali umani come comportarsi. Osservando, però, una qualsiasi statua dove Anubi sia rappresentato come un Dio Cane, notiamo come Anubi stia tranquillo, silenzioso ma con le grandi orecchiotte dritte. 

L’illuminato coglie immediatamente il messaggio anubista: stai tranquillo, non rompere i coglioni, non abbaiare inutilmente ma ascolta con attenzione. In più, essendo un Dio non punitivo dobbiamo anche rilevare un messaggio di anubistica tolleranza.

1. Adorare il Dio Cane suo

Anubi non è il Dio nostro: Anubi è il vero Dio, per cui non facciamo confusione. Non che noi non si possa adorare altri dei, ad Anubi non gliene frega un cazzo, ma solo l’adorazione di Anubi illumina; quella degli altri rende ignoranti.

2. Non rompere i coglioni

Più si fa casino, più si grida, più si rompono i coglioni al nostro prossimo e più accresciamo inutilmente la rottura di coglioni universale, che è già infinita di suo. Purtroppo ci sono quasi nove miliardi di abitanti sulla Terra, e se tutti si mettessero a rompere i coglioni, dalla Luna si sentirebbero i latrati e finirebbe che qualche mondo alieno ci denuncerebbe alla Federazione dei pianeti per molestie.

Il buon anubista capisce che non sarà lui a cambiare la vita ad altri sette miliardi di persone tramite divieti e obblighi. Se proprio vuol fare la sua parte, il buon anubista adora Anubi e pensa a raggiungere la sua propria illuminazione, cercando poi di portare il “verbo” agli altri umani.

Solo quando tutti gli umani saranno illuminati, cambierà davvero qualcosa.

3. Ascoltare 

Solo ascoltando comprendiamo, e solo comprendendo cresciamo. Solo crescendo possiamo sperare di “illuminarci”. Anche ascoltando cazzate, comprendiamo.

Quando il buon anubista si troverà a pensare: “Dio Cane ma quanto è ignorante costui?” (un po’ di adorazione non guasta mai) avrà compreso che l’ignoranza umana è infinita.

Attenzione, perché siamo tutti comunque e sempre ignoranti, per cui è meglio non giudicare. Bisogna semplicemente tollerare, perché è statisticamente certo che qualcun altro dovrà tollerare la nostra ignoranza.

4. Rifuggire l’ignoranza

È ormai chiaro che il buon anubista teme l’ignoranza, lavora per diminuirla il più possibile e invoca la Divina Trinità anubistica al fine di perseguire la Grande Saggezza anubistica. Oltre a un’ineluttabile ignoranza in senso tecnico, l’anubista evita di manifestare quella che definiremoignoranza relazionale”.

Per ignoranza normalmente s’intende il “non sapere”. Prescindiamo un istante da questo significato anche perché, se per ignoranza s’intende la mancanza di sapere, siamo tutti tecnicamente ignoranti.

Ne segue che, al limite, l’ignoranza è un concetto relativo per cui bisogna che esista un elemento di paragone. Alle volte sento parlare persone che, non avendo studiato, si definiscono ignoranti e non è corretto.

L’ignorante non è colui che non sa “in sé”. Posto che la conoscenza sia infinita, è matematico affermare che le possibilità che esista qualcuno che sa tutto siano zero. Siamo tutti ignoranti o, per essere più precisi, l’ignoranza di chiunque tende all’infinito.

L’ignorante è colui che manifesta di non sapere perché “ignora di non sapere”. 

Non è un caso che: “So di non sapere” fosse un motto caro al vecchio Socrate. È la manifestazione dell’ignoranza che rompe i coglioni, che dà “fastidio”. Infatti, possiamo definire “ignoranti” anche persone molto colte, sicuramente non anubiste, semplicemente perché nell’ambito di una conversazione gridano, non fanno parlare gli altri, s’incazzano e sono verbalmente aggressive. Possiamo definire ignoranti persone arroganti, maleducate, anche se tecnicamente sono relativamente colte. 

Perché “ignoranza relazionale” è, in sintesi, la “manifestazione” della stessa, ovvero un’incapacità di relazionare correttamente che molto spesso muove i suoi passi dalla sbagliata considerazione della propria posizione rispetto al prossimo. Il bambino che fa i capricci è un bambino; l’adulto che fa i capricci è un ignorante, perché non sa che è adulto e non gli è più scusato di fare il bambino. 

  • ignora di dar fastidio;
  • ignora che potrebbe aver torto;
  • ignora che relazionare dovrebbe essere un piacere;
  • ignora, e questa è la cosa più grave, che non si comunica per aver torto o ragione ma per aumentare la nostra saggezza, elaborando nuove informazioni e punti di vista diversi dai nostri.

Odiare tutti, non tollerare alcunché, lamentarsi di tutto sono altre manifestazioni tipiche di questa “ignoranza”, che è in sintesi l’assoluta manifestazione del fatto che l’umano nasce con testa di cazzo.

Se uno, adorando Anubi, capisse di non aver alcun diritto in più degli altri, o meglio di non averne nessuno, comprenderebbe che odiando tutti odia se stesso, non tollerando non tollera se stesso, lamentandosi di tutto si lamenta di se stesso.

Infatti,  “gli altri” che lui definisce “tutti stronzi” lo emarginano dalla vita sociale. In sostanza questa ignoranza sociale potrebbe essere definita, con una buona approssimazione, mancanza di saggezza; l’ignoranza sociale è la prima manifestazione della mancanza di saggezza, che è una decisa manifestazione dell’assenza di Anubi.

N.B.: Nel caso dopo accanita discussione qualcuno dimostrasse di aver ragione, avrebbe la certezza di ignorare comunque. Quando uno impegna tempo e risorse per dimostrare che è vero ciò che dice ha buttato tempo e risorse, perché ha impegnato tempo per non imparare nulla. Potrà anche aver ragione, ma è stupido. Per questo Il Dio Cane propone silenzio e meditazione, riassunto nel detto: Ma taci, Dio Cane!”.

La religione Anubistica

Anubi è uno e trino. Anubi si compone di se stesso e delle sue emanazioni considerate divinità.

Anubi stesso viene chiamato anche Dio Cane. Molte sono state le ricerche sulla razza di Anubi, ma non si è mai giunti ad alcuna conclusione. Ne deriva che Anubi può essere chiamato correttamente Dio Cane Bastardo.

Le due emanazioni di Anubi sono:

  • La madre di Anubi, Hesat la Dea Vacca, chiamata anche Vacca Dio.
  • Lo zio di Anubi, il grande Seth. Veniva rappresentato come un umano con testa di oritteropo. L’oritteropo è noto in molte lingue, come l’afrikaans, ed è chiamato in italiano “maiale di terra”. Ecco che in italiano potremmo correttamente chiamarlo “Dio Maiale” o in alternativa “Dio Porco”.

Durante il viaggio di Anubi in Tibet, si fermò un certo periodo in India, dove troviamo manifestazioni della sua Trinità.

La madre di Anubi, Hesat la Vacca Dio trasformata in brasato, viene adorata anche in India come ben noto.

Lo zio di Anubi, Seth il Dio Porco, viene anch’esso venerato in India a Pushkar come manifestazione di Lord Vishnu. 

Alla luce delle precedenti considerazioni, è facile comprendere come, nella Divina Trinità, Anubi sia l’unico vero Dio Cane. Gli altri sono solo sue manifestazioni, e questo dimostra la sua importanza e la sua grandezza. 

L’anubismo è una religione monoteistica, o meglio monocanteistica, che ritiene Anubi l’unico vero Dio Cane. 

È certamente una religione non panteistica, in quanto Anubi non è dappertutto e non è in tutte le cose: Anubi si fa i cazzi suoi, va e sta dove cazzo gli pare.

Purtroppo il significato del Dio Cane non fu ben compreso dagli studiosi della cultura egizia. Anubi non è guardiano dei morti, ma della morte cerebrale.

La manifestazione di Anubi impedisce alla mente di morire nei precetti, nei comandamenti delle superstizioni e a causa dei condizionamenti ideologici.

Anubi è un Dio Cane protettivo e liberatorio.

La presa di coscienza del fatto che Dio è Cane ed è Anubi è in grado di resuscitare anche le menti più morte, quindi l’unico vero miracolo anubistico è quello di illuminare gli ignoranti.

Gli umani nascono tutti uguali, con uguale testa di cazzo; la loro mente, una volta illuminata dalla diocanità, non è più preda né di superstizioni né di ideologie.

Il Dio Cane “è” unico e immutabile, a prescindere da qualsiasi cosa o persona. Ogni umano contiene l’embrione dell’idea nella sua testa di cazzo, ma è solo la preghiera di Anubi che maieuticamente lo forma, consentendo all’umano di trasformare la sua testa di cazzo in testa umana libera. 

Nell’infinita libertà la mente umana diventa “capace” di parlare e assume la “nicciana” alta posizione di osservazione che gli consente di non comprendere più l’abbaiare dell’umano con testa di cazzo.

Uno dei momenti importanti del percorso dell’illuminazione è quello in cui si accende la TV e ci si trova ad esclamare: “Perché abbaiano?”. Il buon anubista per la precisione esclama: Ma Dio Cane, ma perché abbaiano? (un po’ di adorazione ci vuole sempre… due “ma” anche. L’anubista ama l’avversativo-limitativo).

In molti principi possiamo trovare un parallelo nello gnosticismo, religione cristiana illuminata sviluppatasi nell’immediato dopo Cristo ma che, in assenza di Anubi, non ha mai raggiunto un grande successo, anche perché i suoi seguaci sono stati notoriamente massacrati da altri buoni cristiani nelle lotte di potere per acquisire il Cristo-brand.

Viceversa il Buddismo è forse la filosofia che più si è avvicinata alla “verità” del Dio Cane, grazie alla nota permanenza di Anubi in Tibet. 

La bestemmia, così come concepita nelle superstizioni, nell’Anubismo non esiste: Anubi si fa i cazzi suoi, quindi anche l’umano può farsi i cazzi suoi insultando chiunque purché non gli rompa i coglioni.

Le donne sono sempre state discriminate in tutte le superstizioni religiose. Nell’islam sono “schiave”, nel cattolicesimo demoni o streghe, purtroppo anche nel buddismo sono “peccatrici”. In tutte le superstizioni/religioni si afferma con chiarezza il ruolo superiore dell’uomo.

Urge una riflessione: ma questi dei esistono e sono tutti divorziati cornuti diventati misogini oppure, visto che gli inventori delle religioni erano uomini, si sono inventati delle religioni che servissero a tenere sotto controllo le donne?

Ma che Dio è un Dio che giudica in funzione del sesso?

Qualcuno dice che “ancestrali motivi culturali” hanno condizionato anche lo sviluppo delle religioni. Questo dimostra ulteriormente la falsità delle superstizioni, perché significa ammettere che le cosiddette “religioni” sono state create dagli umani, e quindi implicitamente annullarne il loro significato metafisico.

Fortunatamente è arrivato il tempo del Dio Vero: Anubi, il Dio Cane, vero e unico Dio che non fa discriminazioni sessuali.

Anubi è l’unico Dio al quale non frega un cazzo di te che tu sia uomo o donna; per Anubi sei ugualmente niente.